C’è stato un tempo in cui a Giovinazzo le bandiere biancoverdi sventolavano festanti al cielo, in un vecchio palazzetto, tempo in cui nasceva una nuova bandiera, quella in carne e ossa, il capitano. A quel tempo la squadra di hockey su pista della cittadina adriatica, la famigerata AFP, che sta per Acciaierie e Ferriere Pugliesi, la squadra operaia per antonomasia, con il patron Scianatico e con il mister Massari, il Professore, trascinata dall’incredibile talento di Pino Marzella, saliva in paradiso. Pino Marzella, che non è parente di Enzo, è stato il vero punto di riferimento per tutti gli sportivi di Giovinazzo, un’autentica leggenda nell’hockey che incantava i tifosi soprattutto per la sua determinazione e per la sua ferocia agonistica. La AFP vinse lo scudetto del 1980, prima volta per una squadra del sud dell’Italia, nel tripudio di duemilacinquecento persone e per la gioia di una comunità intera, insieme alla Coppa delle Coppe, prima italiana in assoluto a vincere in Europa, poi arrivò addirittura alla disputa della doppia finale di Coppa dei Campioni dell’anno successivo, persa contro il fortissimo Barcellona. Era il 27 giugno del 1981 e i blaugrana s’imponevano a Giovinazzo per 6-2 dopo il successo in Catalogna per 6-1. Poche settimane dopo nasceva Vincenzo. Era ferragosto e la calura opprimeva quella giornata di svago.
Gli anni Ottanta hanno rappresentato l’apice e la caduta dell’hockey a Giovinazzo, dallo scudetto fino alla retrocessione e alla scissione societaria, contemporaneamente alla crisi del complesso industriale siderurgico che costò la perdita del posto di lavoro a circa un migliaio di operai. Si passò dalla gloria dei festeggiamenti sportivi alla crisi e quindi alla fuga verso il nord dell’Italia, alla ricerca di un nuovo lavoro o di una nuova squadra.
Il calcio a Giovinazzo invece non ha mai vissuto nelle grandi platee ma già nel 1982 un nuovo sport “derivato” si affacciava nella ridente cittadina barese. Era il calcetto che con il Gruppo Sportivo Football del mister Aniello e del giovane Pino Milella affrontava la seconda edizione del campionato regionale pugliese. Superata la fase regionale e quella interregionale, la squadra biancoverde approdava addirittura alla Poule Scudetto di Ancona arrivando terza.
Milella, che fu chiamato in nazionale, il goleador Fiorentino, Bavaro e Frasca si dividevano tra campo di calcetto, il sabato, e campo di calcio a undici la domenica. Il passaggio sotto l’egida della F.I.G.C. portò il Giovinazzo a dominare nuovamente la scena. Nel 1984 si disputò un torneo cittadino con ben quindici squadre, con in campo anche atleti di hockey con la doppia passione. Vincenzo aveva già mosso i primi passi.
A sei anni è proprio Vincenzo Aniello a fare da istruttore a Enzo sul campo del Marconi. Nel 1986 il Giovinazzo raggiungeva nuovamente la Poule Scudetto, stavolta al Foro Italico di Roma, Diego Armando Maradona trascinava invece l’Argentina nella vittoria del Mondiale messicano, mentre Enzo Trombetta convocava in nazionale Milella e Ungaro, due tra i più forti calcettisti del paese in quel decennio.
Due anni dopo il blocco di quel Giovinazzo oramai componeva il G.S. Antonella Bari, guidato dal tecnico Angelo Carone, il Maestro, che raggiunse per due anni di fila la Poule Scudetto. I biancoverdi invece chiudevano ultimi nel campionato regionale del 1989, uscendo definitivamente di scena. Un’altra caduta. Bisognerà attendere il 2001 per la rinascita del calcio a 5, con la costituzione del G.S. Giovinazzo, e il 2004 per la nuova genesi della gloriosa AFP di hockey. Enzo è oramai cresciuto, tra pane e salame, polvere del campo in terra battuta e pallone. E’ un calciatore, un difensore, uno di quelli che si sacrifica sul rettangolo di gioco. Si è fatto uomo, corre, suda, ha grinta da vendere. Ha scelto il calcio, il pallone, ma segue l’hockey da appassionato. Dopo le prime esperienze calcistiche, nel 2002 avviene il passaggio nel calcio a 5, nella C1 regionale. Nel 2004, il Giovinazzo Calcio a 5 di Antonio Carlucci è ammesso in Serie B. Da questo momento in poi la squadra di calcio a 5 non abbandonerà più i campionati nazionali. Già nella prima stagione, Enzo ritrova il suo maestro, il tecnico Vincenzo Aniello. Ci sarà un’epica impresa con la salvezza ottenuta nel doppio confronto di play out contro il Venafro. Un mese dopo mister Aniello moriva dopo una lunga malattia.
Gli anni seguenti saranno stagioni di crescita, societaria e tecnica. Al palasport della Zona 167 (dal 2015 denominato PalaPansini) sono arrivati allenatori come Francesco Chiaffarato, con la promozione in A2, Angelo Bommino, Massimo Ronconi, Marcelo Magalhaes. E poi Pino Milella, Nino Pazienza e Roberto Chiereghin. Dal 2002 al 2017, Enzo Marzella è un giocatore del Giovinazzo, uno dei più rappresentativi. Quindici anni di gioie e dolori, con la maglia numero due sulle spalle, una carriera spesa in biancoverde, con una sola parentesi stagionale nel Real Molfetta, nell’annata 2008/2009. Enzo era sceso in C1 per trovare spazio negli anni dei tanti stranieri approdati in riva all’Adriatica. L’anno successivo il capitano tornava al Giovinazzo guidando una nidiata di giovani in Serie A2. E’ il momento più difficile, un gruppo di promettenti under 21 affrontava squadroni attrezzati per la categoria. Enzo non molla, tira dritto, guida i compagni, li sprona, li aiuta, li conduce fino al traguardo, l’agognata conclusione del campionato. Anche i mille spettatori avevano abbandonato il nuovo palazzetto per seguire l’altra squadra della cittadina, l’Atletico Giovinazzo, in Serie B, nel vecchio palazzetto.
La gioia della promozione del 2007 era già lontana ma l’unione delle due compagini nell’estate del 2010 riportava entusiasmo a Giovinazzo. La lunga carriera nel futsal, da giovane gregario a capitano, del biondo difensore centrale, giungeva nel momento clou, il biennio con il nuovo allenatore Pino Milella, dal 2010 al 2012. Con Milella si crea un forte legame, così come c’è sempre stato con il presidente Antonio Carlucci e con i dirigenti, in particolare con Dino Aniello, che porterà a un’ulteriore crescita dell’atleta Marzella, così come accaduto con Roberto Chiereghin nelle ultime stagioni.
La lunga carriera di Enzo Marzella è terminata nel 2017 con una partita di addio. Il giusto tributo a un ragazzo umile, non un campione, che però ha onorato la maglia della squadra della sua città fino in fondo, soprattutto nei momenti più difficili. Lo Javier Zanetti del calcio a 5. Del resto Enzo è anche interista e Zanetti è il suo modello di calciatore ovvero un campione costruito col sacrificio più che col talento, un professionista incredibile che ha fatto del lavoro, delle rinunce, della lealtà sportiva il vero faro della sua carriera, un Capitano vero. Come Enzo. Corsa e sudore. Un esempio per tutti.
Francesco Dell’Orco